Tutti, nel vicinato, si radunavano attorno ad essa in attesa della mezzanotte offrendosi le tradizionali fritture: “scalille, cullura e turdilli”, ognuno contribuiva portando sotto braccio da casa sua ”nu trincuniallu ppè d’aguriu” I grandi si raccontavano delle passate vicende con gli occhi persi nelle braci ardenti o lacrimanti per il fumo ed anche le mamme, vicino a quella grande “vrascera” con i ferri e la lana, stavano a ragionare fra di loro; i ragazzini, di nascosto, aspettavano quella sera per provare l’ebbrezza delle prima sigarette. Perché tutto fosse pronto per la Vigilia e per essere fra i migliori dei rioni che facevano la “hocara” più grande non mancava la competizione.
Si partiva in “bande” fin dal mese di settembre e si faceva a gara per accaparrarsi i “trincuni” che venivano “abbilettati” nel corso delle ricognizioni che ognuno faceva per conto della propria squadra. Una volta localizzati, anche in lontane contrade del paese che all’epoca mancavano di strade e senza usufruire dei mezzi attuali per il trasporto, venivano tirati a forza di braccia o, dove i luoghi lo permettevano, portati sopra alle “carrozze” fino a destinazione. Qui chi poteva li depositava nel magazzino; altri li sorvegliavano per evitare ogni possibile trafugamento da parte di bande rivali. Non mancavano le sortite ai danni degli avversari rioni e le conseguenti “ guerre” che ne sortivano per vendicarsi e riprendersi il maltolto né, tanto meno, mancavano i cosiddetti “refrunti” presso le famiglie, da parte di chi veniva danneggiato dalla sottrazione di tronchi di notevoli dimensioni e, quindi, le giuste rappresaglie da parte dei genitori……..
Il tempo passa e purtroppo ci cambia; le cose semplici con cui ci si divertiva una volta, adesso sembrano ridicole e si fa posto ad altre mode ed altri generi di passatempo.
Perciò, quella della “hocara” è una delle tante belle tradizioni che va scomparendo, salvo però in alcuni rari casi.
Sul sagrato della chiesa di San Giuseppe, ad esempio. a cura e spese degli “Amici” ancora si ha la possibilità di riunirsi attorno alla “hocara”.
Durante tutto il periodo di apertura del presepe, e quindi non solo la sera della Vigilia, si da fuoco ai “trincuni” che arderanno per l’intera nottata. Se il tempo lo permette, si tirano fuori le chitarre e le bottiglie ed insieme al fumo si levano le voci di chi si prova, con esito più o meno felice a cantare vecchie canzoni o le strofe della nostra tradizionale “Strina”
E’ un modo per ritrovarsi assieme e per fare festa come si usava una volta.
Durante quelle poche ore che si trascorrono accanto alla “hocara”, si ha la sensazione che il tempo si fermi o ritorni indietro, si lascia spazio ai ricordi ed ognuno racconta i propri
Poi, tutto si dissolve come il fuoco che divampando trasforma la legna in cenere.
E ancora oggi come una volta, con gli occhi fissi nelle braci ardenti o lacrimanti per il fumo, resta la consapevolezza che la vita col passare delle stagioni e con il ripetersi degli avvenimenti, aggiunge qualcosa alla nostra esistenza, ma nello stesso tempo qualcosa ci toglie.
Nicola Scanga
Articolo apparso sul numero 9 di “IN CAMMINO” Bollettino della Parrocchia San Nicola Da Bari del Marzo 2001
La preparazione della HOCARA del Natale 2007